I bambini che fanno tanto movimento avranno un migliore sviluppo cognitivo

Correre, saltare e muoversi a più non posso non è soltanto un grande divertimento per i bambini ma permetterà loro di ricordare meglio le cose più in là nel futuro, quando saranno anziani. Le conseguenze durature sul cervello dell’attività fisica nell’infanzia sono state analizzate da un team di ricercatori canadesi dell’Università di Toronto.  
 Nonostante sia stato condotto sui topi, lo studio dimostra comunque che l’attività fisica in età giovanile è cruciale non solo per la corretta crescita fisica ma anche per lo sviluppo cognitivo e il mantenimento delle capacità negli anni.

 

LO STUDIO

I ricercatori hanno suddiviso 80 giovani topi in due gruppi, ad uno solo dei quali è stata fornita per sei mesi una ruota, come quella usata dai criceti.-Quando i topi sono diventati adulti, i ricercatori hanno allestito una stanza diversa da quella dove i topi vivevano abitualmente e vi hanno posto una gabbia, anch’essa diversa da quella in cui i topi erano abituati a vivere.

Usando una tecnica di condizionamento classico, i ricercatori hanno quindi insegnato ai topi che ogni volta che venivano trasportati in quella gabbia dentro quella stanza avrebbero ricevuto una scossa elettrica. Quando trasferiti lì dentro, gli animali reagivano quindi immobilizzandosi per la paura (freezing), ricordando la scossa. A due settimane di distanza, i ricercatori hanno «messo in scena» due situazioni simili, ma non identiche, a quelle usate per il condizionamento, trasportando gli animali in una gabbia identica a quella dove ricevevano la scossa ma posizionata in una stanza diversamente illuminata o in una gabbia ed una stanza completamente diverse da quelle usate per il condizionamento.

Dalla reazione degli animali, è emerso che gli «sportivi» avevano una memoria più precisa. Infatti, in queste ultime due situazioni dimostravano minori reazioni di paura (il 50% in meno) rispetto agli altri topi, perché riconoscevano che le caratteristiche dell’’ambiente non erano identiche a quelle che per loro costituivano una minaccia.

 

LA NEUROGENESI ADULTA FAVORITA DAL MOVIMENTO GIOVANILE

Oggi si sa che esiste un processo di neurogenesi anche in età adulta in una specifica area cerebrale fondamentale per la memoria, l’ippocampo, dove la continua produzione di nuovi neuroni è compito delle cellule staminali. Questo processo di generazione di nuovi neuroni nel cervello di topi adulti – e, con esso, la maggior attività di questi neuroni – è più efficace quando da giovani gli animali hanno svolto molta attività fisica. Il movimento da giovani è quanto consentirebbe anche a noi umani di potenziare e preservare quella che i neuroscienziati chiamano “riserva cognitiva”, scudo protettivo in grado di fronteggiare (ed eventualmente ritardare) la comparsa delle malattie neurodegenerative.

 

LO STILE DI VITA È IMPORTANTE SEMPRE

Non si creda che ad essere importante sia solo la prima fase della vita e che, superata l’infanzia, lo stile di vita smetta di essere decisivo per il mantenimento delle funzioni cognitive. Non fumare mai, evitare l’obesità nel corso della vita e mantenere una dieta ispirata alla dieta mediterranea significa avere una vita più longeva e anche maggiori probabilità di mantenere la propria indipendenza ad un’età avanzata. Lo dice un’analisi apparsa sul Journal of the American Geriatrics Society, condotta su un migliaio di soggetti maschi settantenni all’inizio dello studio e seguiti per 16 anni.

Articolo di NICLA PANCIERA pubblicato il 22/08/2017 su LA STAMPA

Le paure dei bambini

Ancora oggi non si pone abbastanza attenzione al bambino fin dalla fase della gravidanza e particolarmente nei primi anni di vita, perché in questa fase delicata si strutturerà la personalità futura del bambino. Se la madre si prenderà cura di lui e si metterà in una relazione vera e profonda con lui, con i suoi bisogni emotivi e con il suo corpo, se gli starà vicino, se lo nutrirà, lo abbraccerà, lo amerà, apprezzando la sua unicità e originalità, allora si gettano le basi sulle quali poter costruire una solida struttura di salute psico-fisica dell’adulto.

I bambini hanno le stesse ansie, paure e fobie dei genitori. Perché per un bambino, la mamma è il suo mondo e quindi lo stato ansioso della madre può essere percepito con grande intensità da un bambino piccolo ed indifeso e vissuto come qualcosa che si moltiplica e si estende a dismisura. Tendenzialmente, i genitori ansiosi non sono cattivi genitori. Sono solo genitori che non hanno ricevuto sufficiente aiuto per affrontare le loro ansie e le loro paure quando erano piccoli. Occorre che questi genitori superino il retaggio di ansia e paura che si portano dietro dall’infanzia.

In alcuni casi i bambini possono essere profondamente contaminati dall’agitazione dei genitori, soprattutto quando la madre ha paura che il bambino muoia o si ferisca in qualche modo terrificante. Tutti i genitori possono nutrire paure di questo genere, ma sono  l’intensità e la persistenza di tali paure che rivelano la presenza di un’ansia nevrotica. Per alcuni di questi bambini, il fatto di essere il bersaglio delle paure dei genitori può portarli a concepire il mondo come un luogo insicuro, un luogo in cui, in qualsiasi momento, può succedere qualcosa di terribile.

Se i bambini non vengono aiutati ad elaborare le proprie paure le sfogheranno attraverso sintomi fisici: come disordini alimentari, fobie, ossessioni, mutismo selettivo, panico, preoccupazione o elucubrazioni. Oppure attraverso una scarica causata in modo stimolo insopportabile: come fare la pipì a letto (enuresi), vomitare, defecare o urinare in modo incontrollato, incubi notturni.

Come possiamo aiutare questi bambini?

Paure, fobie, ossessioni hanno di solito un prezzo molto alto. Imparare ad affrontare le paure e le fobie è fondamentale per combattere l’istinto della fuga. E’ importante che i bambini interrompano quel solitario tormentarsi con le loro paure, e superare quel increscioso senso di solitudine che li assaliva tutte le volte che avevano disperatamente bisogno di aiuto e non l’hanno ricevuto. I bambini che hanno vissuto troppa paura e ansia nella loro vita, hanno bisogno di fare delle esperienze in cui avere di fianco qualcuno emotivamente abbastanza forte e presente da poter sopportare le loro emozioni.  Per questi bambini può essere di grande sollievo esprimere le emozioni e paure che sono rimaste bloccate nel corpo e nella mente per molto tempo.

Come rimedi di supporto per aiutarli a gestire e a superare le paure possiamo somministrare loro le essenze floreali ed i rimedi spagirici per le paure, le fobie, il panico e l’ansia, (consultateci per trovare quelle più idonee per il vostro bambino).

Un caso di alopecia

La mamma di un bambino Down di 7 anni nota alcune chiazze prive di capelli, localizzate in diverse regioni del cuoio capelluto del figlio (alopecia areata).

Da un colloquio con lei, vengo a conoscenza del fatto che pochi mesi prima i genitori del bambino hanno regalato un cucciolo di cane al figlio, la cui gestione, nel primi mesi di convivenza con il bambino, ha creato molto stress.

Le cause dell’alopecia sono differenti. Ci sono innanzi tutto cause genetiche, che vengono potenziate da altri fattori, come lo stress o le disfunzioni ormonali. In quest’ultimo caso la caduta dei capelli può essere provocata da un livello non adeguato di testosterone o da delle disfunzioni della tiroide, dell’ipofisi o delle ghiandole surrenali.

Ci sono anche delle cause psicologiche. A volte anche le situazioni di tensione, i traumi o la depressione possono portare alla perdita dei capelli. A volte possono influire i ritmi di lavoro particolarmente intensi e uno stile di vita caratterizzato dalla frenesia.

Ho proposto alla mamma di somministrare il tiglio gemmoderivato spagyrico per trattare lo stress. E l’estratto spagyrico del fungo Ganoderma, che è un potente adattogeno. Dopo circa un mese e mezzo  di trattamento, i capelli hanno ricominciato a crescere nelle chiazze prive di capelli. Ho consigliato di continuare con gli stessi rimedi fino alla completa scomparsa dell’alopecia.

Perché i bambini diventano disobbedienti

Nessuno ama essere comandato, tantomeno i bambini, e tutti noi siamo abbastanza consapevoli che la sensazione di essere in qualche modo forzati ci provoca una resistenza automatica e istintiva alla ribellione. La controvolontà è la reazione  al tentativo di pressione o controllo che gli adulti esercitano sui bambini, che può attivarsi a qualsiasi età a partire dai due-tre anni, soprattutto nella fase dell’adolescenza.

A detta degli psicologi, avere a che fare con la controvolontà dei bambini è una delle sfide più scoraggianti per un genitore. Tutti noi conosciamo questa risposta istintiva, per averla sperimentata su noi stessi, ma comprendere la controvolontà ci permette di risparmiare, come genitori, tanti conflitti inutili con i nostri figli. La controvolontà può manifestarsi verso i “terribili due anni” con il no reattivo, il “Tu non sei il mio padrone” del bambino più grandicello, o anche la resistenza quando si va di fretta, la disobbedienza e gli atteggiamenti di sfida. Anche atteggiamenti di passività, pigrizia, procrastinzione o mancanza di motivazione sono modi diversi di esprimere la controvolontà. Negatività, belligeranza e atteggiamenti polemici spesso vengono interpretati dagli adulti come insolenza, ma se osserviamo bene, la dinamica sottostante è la resistenza istintiva ad essere forzati. A volte il fatto stesso che qualcosa sia importante per noi può far sentire i nostri figli poco inclini ad assecondarci. “Più esercitiamo la nostra pressione su di loro affinché mangino le verdure, puliscano la loro camera, si lavino i denti, facciano i compiti, si comportino educatamente, o non litighino con i fratelli, meno si sentiranno di farlo. … La fondamentale resistenza dell’essere umano alla coercizione è in genere mitigata, se non addirittura disinnescata dall’attaccamento.”  I più piccoli non hanno inclinazione ad obbedire a qualcuno con cui non si sentono in contatto, perché i bambini sono per natura collaborativi, ma solo nel contesto di un legame e solo quando il potere dell’attaccamento è sufficiente. Per gli adolescenti immaturi la dinamica è identica, anche se il modo in cui la esprimono non è altrettanto grazioso e innocente.

Qual’è la funzione positiva della controvolontà?

Tutti iniziamo la nostra vita del tutto dipendenti e vulnerabili, ma il risultato finale dello sviluppo naturale è la maturazione di un individuo con motivazioni proprie e capace di autoregolarsi, con una sua propria autentica volontà. La lunga transizione dall’infanzia all’età adulta inizia proprio con il tentativo da parte del bambino di muoversi verso la separazione dai genitori. La controvolontà farà la sua prima comparsa nel piccolo al di sotto dei tre anni proprio per aiutarlo nel suo compito di individuazione. In sostanza, il bambino erigerà un muro di “no”. Dietro questo muro, egli potrà gradualmente imparare cosa gli piace e cosa no, preferenze ed avversioni, senza essere sopraffatto dalla volontà infinitamente più potente del genitore. La controvolontà potrebbe essere paragonata alle piccole palizzate erette attorno ai prati appena piantati affinché nessuno li calpesti. A causa della natura incerta e delicata di ciò che emerge nel nuovo essere in crescita, una barriera protettiva deve continuare ad esistere finché le idee del bambino, ciò che ha significato per lui, le sue iniziative e prospettive non siano sufficientemente radicate e forti abbastanza da sopportare di essere calpestate senza andare distrutte. Durante l’adolescenza la controvolontà é utile per lo stesso obiettivo: aiutare il giovane ad allentare la sua dipendenza psichica dalla sua famiglia. Per cui la controvolontà é una normale dinamica umana che esiste in tutti bambini, anche in quelli il cui attaccamento é buono.

Tratto da: “I vostri figli hanno bisogno di voi” di Gordon Neufeld e Gabor Maté – edizioni Il leone verde

L’attaccamento

Esiste un tipo indispensabile di relazione, molto speciale, senza la quale non si possono fondare solide basi per la cura e l’accudimento dei figli. Gli esperti dell’età evolutiva – psicologi o altri scienziati che studiano lo sviluppo umano – la chiamano relazione di attaccamento. Affinché un bambino sia ricettivo verso le cure prodigate da un genitore o un adulto, deve aver sviluppato un vivo attaccamento nei confronti di quest’ultimo, desiderandone il contatto e la vicinanza. All’inizio della vita, questa ricerca di contatto ed intimità è soprattutto di natura fisica – il bambino si aggrappa letteralmente al genitore ed ha bisogno di essere tenuto fisicamente. Se tutto si svolge come previsto, l’attaccamento evolverà in una vicinanza emotiva, e infine, in un senso di intimità psichica. E’ molto difficile prendersi cura, e a volte persino insegnare, a bambini cui manca questo tipo di legame con gli adulti che ne sono responsabili. Solo una relazione di attaccamento può fornire il contesto appropriato alla crescita del bambino.

Il segreto dell’essere genitori non risiede tanto in ciò che un genitore fa, quanto in ciò che un genitore è per il proprio figlio. La ricerca di contatto e vicinanza da parte del bambino è proprio quella che ci consente di essere per lui una fonte di conforto, di essere una guida e un esempio, un maestro o un allenatore. Se l’attaccamento è vivo, saremo per lui una solida base dalla quale avventurarsi verso il mondo esterno, il rifugio nel quale battere in ritirata, una primigenia fonte di ispirazione. Tutte le abilità genitoriali di questo mondo non potranno compensare la mancanza di una relazione di attaccamento.

La relazione di attaccamento verso il genitore deve durare almeno per tutto il tempo che serve al bambino per crescere, ciò che è sempre più difficile nel mondo di oggi. (…)

Nella sfera psichica l’attaccamento è il cuore delle relazioni e del funzionamento sociale. In quella umana, l’attaccamento è ricerca e conservazione di prossimità, vicinanza, legame, sia dal punto di vista fisico, sia da quello comportamentale, emozionale e psicologico. Così come accade nel mondo materiale, esso è invisibile e tuttavia essenziale per la nostra esistenza; senza di esso, una famiglia non sarebbe una famiglia, e quando ne ignoriamo le leggi inesorabili, siamo già in cerca di guai. (…)

Perché oggi dobbiamo essere consapevoli dell’attaccamento? Perché viviamo in un mondo in cui non è più possibile darne per scontato il funzionamento. Gli aspetti economici e sociali e culturalidella società odierna non offrono più il contesto appropriato per la fioritura del naturale attaccamento dei bambini agli adulti che se ne prendono cura. (…)

I genitori non sono mutati, non sono meno competenti o meno devoti; anche la natura dei bambini non è affatto cambiata, non sono diventati meno dipendenti, né oppongono una maggiore resistenza: ciò che è mutato è la cultura nella quale cresciamo i nostri figli. L’attaccamento si genitori, infatti non riceve più il sostegno necessario della cultura e della società. Anche una relazione all’inizio forte e piena può essere minacciata quando i nostri figli entrano in contatto con un mondo che non è più in grado di apprezzare e rinforzare tale legame.

 

(tratto da: “I vostri figli hanno bisogno di voi – perché i genitori oggi contano più che mai” di Gordon Neufeld e Gabor Matè (edizioni “Il leone verde”)

Un caso di naso chiuso

Edoardo è un bambino di 9 anni che da sempre ha il naso chiuso, dal temperamento ribelle, con un tema di scarsa concentrazione a scuola, un po’ solitario e con difficoltà di socializzazione, (a volte manesco con i compagni di classe).

Durante il colloquio con la madre, ho saputo che temeva che il problema del naso di Edoardo dipendesse da una probabile allergia a qualche alimento o sostanza. Da quando Edoardo assume la camomilla spagirica e le essenze floreali Fringet Violet, Mountain Devil, Slender Rice Flower, Sundew, il comportamento di Edoardo è cambiato significativamente: non ha più il naso chiuso, a scuola è migliorata la capacità di concentrazione e con i compagni di classe ha cominciato ad instaurare un rapporto di amicizia. Inoltre chiede più spesso di uscire per andare al parco ad incontrare gli amici.

Successivamente alternando le essenze precedenti alla combinazione Concentration, si è notato che l’andamento scolastico di Edoardo è migliorato notevolmente.

Un caso di ipersensibilità

Questo è il caso di un bambino ipersensibile. Ha avuto un parto difficile (con la ventosa) e fin dalla nascita piange per niente. Ora ha 4 anni e mezzo e da quando ha iniziato la scuola materna è spesso in crisi. Suggerisco l’essenza Fringet Violet ed il rimedio spagyrico Uncaria. Dopo un paio di mesi la madre mi riferisce che ora il bambino ora è più tranquillo e gli episodi di crisi si sono ridotti notevolmente. Suggerisco di continuare ad assumere questi rimedi fino a quando il figlio sarà finalmente sereno.

Un caso di psoriasi

Lorenzo è il figlio di 6 anni della mia amica Loredana (infermiera e naturopata che collabora con l’associazione La Vie En Rose dal 2013. Colgo l’occasione per dire che da quando ci siamo conosciute il nostro scambio è continuo e di reciproco arricchimento).

Verso il quinto mese di gravidanza di Lorenzo, il medico segnalò alla madre la dilatazione del bacinetto renale di Lorenzo o pielectasia, considerata forse la malformazione benigna più comune. Ma a parte una breve fase di asma, curata da Loredana con rimedi naturali, Lorenzo è sempre stato bene fino ad un paio di mesi fa, quando si è manifestata la comparsa di psoriasi sui gomiti e sulle ginocchia di Lorenzo. Loredana mi ha chiesto di testare a distanza dei rimedi per Lorenzo. Ho proposto di preparare una crema a base di gel di aloe e calendula spagyrica contenente le seguenti essenze: Peach Flowered Tea Tree, Dagger Hakea, Fringet Violet, Star of Bethlehem, Rock Rose e Pine. Ho consigliato di somministrare le stesse essenze a Lorenzo per bocca.

Dopo neanche un mese Loredana mi ha detto che i progressi di Lorenzo erano visibili giorno dopo giorno e che ormai la psoriasi era completamente sparita dai gomiti e dalle ginocchia di Lorenzo.

Un caso di PFAPA (1)

Federico è il mio bimbo di 5 anni.

Quando aveva circa 2 anni inizia ad avere febbroni molto alti, fino a 40°, gola con placche purulente, linfonodi del collo ingrossati e afte in bocca. Così circa una volta al mese. Ogni volta il pediatra ci prescriveva l’antibiotico. Dopo il 4°/5° giorno la febbre spariva, di colpo. E prima di capire che l’antibiotico non era la cura giusta è passato parecchio tempo.

Ha iniziato a fare controlli, analisi del sangue, visite specialistiche dall’Otorino, fino a quando non abbiamo sentito parlare di P.F.A.P.A., ossia febbre periodica afta faringite e linfonodi. Una febbre periodica. Non si sa da dove arriva. Se ne andrà nel tempo. Unica cura CORTISONE.

Così all’inizio mi sembrava di aver la soluzione tra le mani, cortisone in unica dose. Febbre 40°, somministro cortisone dopo 6 ore la febbre sparisce, le placche anche e tutto il resto. Una magia. Il problema del cortisone, oltre ad essere dannoso perché ti uccide il tuo “esercito” di difesa, fa ravvicinare gli episodi in un modo disarmante. Federico ogni 15 giorni ha 40 di febbre. Non ne possiamo più. Pediatra, Otorino, tutti ci consigliano di togliere le tonsille. Li sento ancora: “Signora suo figlio deve togliere immediatamente le tonsille, dobbiamo ospedalizzarlo”.

Ma a me non tornavano i conti. Mi dicevo che tra il Cortisone e la Sala Operatoria ci doveva essere qualcos’altro. Così inizio ad informarmi su internet, omeopatia, cure alternative…. Vado da una dott.ssa di Sassuolo, che cura con l’omeopatia e la fitoterapia. Mi insegna a cambiare radicalmente le mie abitudini alimentari, cura Federico con l’omeopatia e mi fa conoscere Carla.

Carla ascolta la mia storia, e diventerà un grande punto di riferimento e soprattutto una grande fonte di ottimismo, positività e fiducia. Inizio la cura per Federico. E hanno fatto effetto. A me è sembrato di toccare il cielo con un dito. Non ho usato il cortisone, e la febbre a 40°, le placche…tutto sparito. Poi dopo un mese ancora. Stessa cosa. Torna la febbre, placche … Sono disperata, sempre al telefono con Carla che ha seguito ogni mio passo. Federico doveva “disintossicarsi” dal cortisone. E così, un passo alla volta. Tra una vittoria e una sconfitta è con orgoglio che dico: FEDERICO E’ DAL 15 AGOSTO 2010 che non ha più avuto episodi di PFAPA. E ora finalmente va all’asilo, in piscina, al parco, a casa di amici…e non ho più Cortisone in casa mia.

La mamma di Federico

Un caso di balbuzie

Nella primavera del 2005 io e la mia famiglia ci siamo trasferiti dalla casa di campagna dove abitavamo in Veneto a Montevecchia (Brianza), in un appartamento all’interno di un complesso condominiale. All’epoca mio figlio primogenito Bruno, dell’età di due anni e mezzo, parlava già molto bene, articolando correttamente le frasi con una notevole competenza per quell’età. Poco dopo il trasloco Bruno cominciò a balbettare, probabilmente a causa dello stress causato dal cambiamento di casa. Testai le essenze per lui (all’epoca utilizzavo solo i fiori di Bach) e l’esito del test fu: Star of Bethlehem, Walnut e Cherry Plum. Ma sentivo che avrei dovuto aggiungere altro. E dato che nella mia libreria avevo il libro “Essenze floreali australiane” di Ian White (che avevo acquistato tempo prima, ma che non avevo mai letto) testai anche le essenze floreali australiane e l’esito fu quello di aggiungere anche il fiore australiano Waratah. Fu la prima volta che usai un’essenza floreale australiana. Dopo circa 2 settimana di somministrazione Bruno ricominciò a parlare come prima. Da allora cominciai ad utilizzare le essenze per il trattamento di molti problemi sia emotivi che fisici dei bambini, sempre con grande successo!

“La balbuzie non è una malattia, ma un disturbo emotivo-psicologico. I bambini diventano balbuzienti per ragioni diverse: come lo stress, la timidezza o gli eventi traumatici (come nel caso di Bruno). I bambini balbuzienti vivono il rapporto con gli altri come giudizio e non come incontro. Il linguaggio viene così iper-valutato come unico mezzo di espressione e alla sua produzione viene attribuita la definizione di sé. E’ come se il balbuziente da una parte attribuisse alle parole un significato importante e dall’altra vivesse costantemente una sensazione di impotenza, di non riuscire ad esprimere a parole ciò che prova. ….

Bisogna cercare di mettere il bambino a proprio agio per far sì che l’ansia diminuisca. Quando il piccolo si esprime è bene non interromperlo mai, anche se non sempre si riesce a capire tutto ciò che dice. Le correzioni fanno sentire imbarazzato il bambino e ne fanno diminuire l’autostima. Allo stesso modo non bisogna rimproveralo per la balbuzie o per il fatto che non si sforzi di correggerla. Non bisogna mai finire la frase al posto del bambino la frase o la parola che non gli riesce di pronunciare. Significherebbe fargli presente la sua incapacità facendolo sentire sconfitto. E’ necessario ascoltarlo con calma, senza mostrarsi impazienti. La balbuzie scomparirà prima se il bambino verrà trattato come persona normale, senza affettazioni né compassione, ma solo con amore e pazienza.” (Cleopatra D’ambrosio, Capire i disagi dei bambini, edizioni Erickson)

 

Testimonianza scritta da Carla Fiori nel 2005