La dolcezza del cosleeping

Quando si parla di cosleeping si parla di sonno condiviso, cioè di notti trascorse tutti insieme nel lettone o nella stessa stanza. Sono molti i dubbi, le critiche e le paure nei confronti di questo metodo educativo. La polemica è sempre aperta. Farà bene? Farà male? Si può far sempre o solo qualche volta? Sono tanti i libri che supportano favorevolmente il cosleeping. C’è “Besame Mucho. Come crescere i vostri figli con amore”, di Carlos Gonzales, oppure “Sono qui con te, l’arte del maternage” di Elena Balsamo o ancora “E se poi prende il vizio”, di Alessandra Bortolotti.

Tante anche le tesi contrarie, in primis il temutissimo (da molti genitori) Eduard Estivill con il suo testo “Fate la nanna” che a lungo è stato considerato una vera e propria Bibbia, o Tracy Hogg con “Il linguaggio segreto dei neonati”, in cui si propongono metodi che dovrebbero aiutare sia i genitori sia i bambini a trovare presto una propria indipendenza e quindi un’armonia di ritmi, orari e routine. Sta alle famiglie capire qual è il metodo giusto da applicare.

Fa bene ai genitori

I genitori che praticano il cosleeping sono definiti “ad alto contatto”, inteso in tutti i sensi: emotivo, fisico ed empatico. Sono genitori che hanno uno scambio elevato con i propri bambini, un contatto fisico ed emozionale e che spesso sono identificati come mamme e papà canguro. Proprio come i marsupiali, le mamme canguro tengono i propri cuccioli vicini con le fasce, i marsupi, li allattano al seno anche per periodi prolungati oltre lo svezzamento, condividono il sonno e tendono ad avere un contatto concreto e costante con i propri figli. I motivi? Il contatto prolungato produce effetti positivi non solo sui più piccoli, ma anche sui grandi. Le mamme, in particolare, sarebbero meno soggette al “baby blue”, quel periodo fisiologico di difficoltà post parto che può sfociare in fenomeni depressivi anche forti.

Ma cos’è il cosleeping? Ne parliamo con Paola Orso Giacone, fondatrice dell’associazione MOM’s – mamme online, mamma di Lucia, 15 mesi, in attesa di un maschietto che arriverà a marzo, fiera e orgogliosa mamma canguro che pratica il cosleeping.

Noi lo abbiamo fatto

Paola, come ti sei avvicinata al dormire insieme? “Quando ero in dolce attesa non avevo la più pallida idea di cosa volesse dire diventare mamma – risponde Paola -. Avevo una infarinatura su tutto e, come la maggior parte delle persone, ho preparato la cameretta con il lettino, credendo che Lucia avrebbe dormito lì. Ma quando è nata aveva già le idee chiare! Malgrado il taglio cesareo cui sono stata sottoposta, sono riuscita a far partire subito e bene l’allattamento (ancora adesso continuo ad allattarla) e il fatto di averla accanto la notte ci permetteva di riposare tutti, senza neanche svegliare il papà. Al primo accenno di pianto da fame aveva il seno a disposizione, poteva poppare e poi riaddormentarsi, rendendo il sonno più semplice e sereno anche a me. Questa pratica, iniziata quasi per comodità, si è trasformata in una meravigliosa abitudine per tutti. Nei bambini fino ai 3 anni i risvegli notturni sono fisiologici, dormire tutti insieme permette di aiutarli a prendere sonno più facilmente e serenamente. Inoltre sentire il suo respiro, il suo calore e intravedere il suo viso, rende me e il suo papà felici. Ora abbiamo attrezzato la camera con un side-bed (abbiamo adattato il lettino togliendo una sbarra, lo abbiamo legato al lettone e adeguato l’altezza dei materassi con un piccolo rialzo). Lo abbiamo fatto per avere più spazio, perché presto arriverà il fratellino e questa volta non abbiamo dubbi su dove dormirà”.

Al momento giusto

Il cosleeping ha dei vantaggi? “Facilita l’allattamento a richiesta, perché la produzione di prolattina, l’ormone che promuove la lattazione, è più stimolata di notte e permette di dormire senza alzarsi quando il bambino si sveglia. Per noi è stato naturale, abbiamo seguito il nostro istinto e il nostro amore, pensando che tutti i cuccioli di mammifero dormono con la mamma e che non dovremmo aver fretta di staccarci da loro per renderli indipendenti a 4 mesi. E finire poi a rimpiangere i nostri bambini quando sono grandi e le coccole non le vogliono più!”.

Le critiche

Non tutti sono d’accordo con i genitori che praticano il cosleeping: quali sono le principali critiche che hai ricevuto? “Le critiche sono grossomodo le stesse che vengono indirizzate ai genitori che adottano uno stile di accudimento ad alto contatto, cioè quei genitori che scelgono di portare avanti un metodo educativo basato su un legame fisico molto stretto col bambino. Chi pratica il cosleeping spesso sceglie di portare il bambino nella fascia, di allattare al seno a richiesta e anche, appunto, di condividere il sonno. Quella attuale è una società dove invece vengono ‘insegnati’ il distacco e l’autonomia precoci, il non stare troppo in braccio per evitare vizi e anche il dormire tutta la notte, senza risvegli e separati. La mamma deve rientrare presto al lavoro e deve staccarsi dal bimbo per essere produttiva, come se la maternità fosse un periodo di malattia.

Le critiche sono dunque: lo vizi troppo, non sarà indipendente, a 18 anni dormirà ancora nel lettone e così via. Io non ci rido su. So che i bisogni di contatto del bambino vanno soddisfatti, so che non sono capricci o vizi, come volere un nuovo gioco o un nuovo vestito. Un accudimento prossimale aiuterà il piccolo a diventare un adulto più sicuro. Ah, quasi dimenticavo, la critica più divertente è che non avrò più intimità con il mio compagno! Vi ho già detto che sono incinta del nostro secondo bambino?”.

Raramente una mamma sbaglia

È un bene? È un male? Cosa consigliare ai genitori che vogliono avvicinarsi al cosleeping? “Di fare di testa propria e ignorare le critiche, che tanto arriveranno qualsiasi scelta faremo. Ogni famiglia deve trovare il suo equilibrio e non esistono regole fisse. Nessun manuale insegna a crescere un bambino; si devono seguire i bisogni dei propri figli e le nostre sensazioni. Non esistono mamme buone o mamme meno buone, esistono semmai mamme insicure e poco informate, specialmente sull’allattamento al seno, che va a braccetto con il cosleeping. È provato che una madre che dorme lontana dal suo cucciolo si sveglia molte volte per controllare ‘se respira’. Già si capisce che dormire separati crea un’ansia nella madre. Seguendo il proprio istinto e le proprie sensazioni raramente una mamma sbaglia”.

Articolo tratto da: www.giovanigenitori.it