Perché i bambini diventano disobbedienti

Nessuno ama essere comandato, tantomeno i bambini, e tutti noi siamo abbastanza consapevoli che la sensazione di essere in qualche modo forzati ci provoca una resistenza automatica e istintiva alla ribellione. La controvolontà è la reazione  al tentativo di pressione o controllo che gli adulti esercitano sui bambini, che può attivarsi a qualsiasi età a partire dai due-tre anni, soprattutto nella fase dell’adolescenza.

A detta degli psicologi, avere a che fare con la controvolontà dei bambini è una delle sfide più scoraggianti per un genitore. Tutti noi conosciamo questa risposta istintiva, per averla sperimentata su noi stessi, ma comprendere la controvolontà ci permette di risparmiare, come genitori, tanti conflitti inutili con i nostri figli. La controvolontà può manifestarsi verso i “terribili due anni” con il no reattivo, il “Tu non sei il mio padrone” del bambino più grandicello, o anche la resistenza quando si va di fretta, la disobbedienza e gli atteggiamenti di sfida. Anche atteggiamenti di passività, pigrizia, procrastinzione o mancanza di motivazione sono modi diversi di esprimere la controvolontà. Negatività, belligeranza e atteggiamenti polemici spesso vengono interpretati dagli adulti come insolenza, ma se osserviamo bene, la dinamica sottostante è la resistenza istintiva ad essere forzati. A volte il fatto stesso che qualcosa sia importante per noi può far sentire i nostri figli poco inclini ad assecondarci. “Più esercitiamo la nostra pressione su di loro affinché mangino le verdure, puliscano la loro camera, si lavino i denti, facciano i compiti, si comportino educatamente, o non litighino con i fratelli, meno si sentiranno di farlo. … La fondamentale resistenza dell’essere umano alla coercizione è in genere mitigata, se non addirittura disinnescata dall’attaccamento.”  I più piccoli non hanno inclinazione ad obbedire a qualcuno con cui non si sentono in contatto, perché i bambini sono per natura collaborativi, ma solo nel contesto di un legame e solo quando il potere dell’attaccamento è sufficiente. Per gli adolescenti immaturi la dinamica è identica, anche se il modo in cui la esprimono non è altrettanto grazioso e innocente.

Qual’è la funzione positiva della controvolontà?

Tutti iniziamo la nostra vita del tutto dipendenti e vulnerabili, ma il risultato finale dello sviluppo naturale è la maturazione di un individuo con motivazioni proprie e capace di autoregolarsi, con una sua propria autentica volontà. La lunga transizione dall’infanzia all’età adulta inizia proprio con il tentativo da parte del bambino di muoversi verso la separazione dai genitori. La controvolontà farà la sua prima comparsa nel piccolo al di sotto dei tre anni proprio per aiutarlo nel suo compito di individuazione. In sostanza, il bambino erigerà un muro di “no”. Dietro questo muro, egli potrà gradualmente imparare cosa gli piace e cosa no, preferenze ed avversioni, senza essere sopraffatto dalla volontà infinitamente più potente del genitore. La controvolontà potrebbe essere paragonata alle piccole palizzate erette attorno ai prati appena piantati affinché nessuno li calpesti. A causa della natura incerta e delicata di ciò che emerge nel nuovo essere in crescita, una barriera protettiva deve continuare ad esistere finché le idee del bambino, ciò che ha significato per lui, le sue iniziative e prospettive non siano sufficientemente radicate e forti abbastanza da sopportare di essere calpestate senza andare distrutte. Durante l’adolescenza la controvolontà é utile per lo stesso obiettivo: aiutare il giovane ad allentare la sua dipendenza psichica dalla sua famiglia. Per cui la controvolontà é una normale dinamica umana che esiste in tutti bambini, anche in quelli il cui attaccamento é buono.

Tratto da: “I vostri figli hanno bisogno di voi” di Gordon Neufeld e Gabor Maté – edizioni Il leone verde

L’attaccamento

Esiste un tipo indispensabile di relazione, molto speciale, senza la quale non si possono fondare solide basi per la cura e l’accudimento dei figli. Gli esperti dell’età evolutiva – psicologi o altri scienziati che studiano lo sviluppo umano – la chiamano relazione di attaccamento. Affinché un bambino sia ricettivo verso le cure prodigate da un genitore o un adulto, deve aver sviluppato un vivo attaccamento nei confronti di quest’ultimo, desiderandone il contatto e la vicinanza. All’inizio della vita, questa ricerca di contatto ed intimità è soprattutto di natura fisica – il bambino si aggrappa letteralmente al genitore ed ha bisogno di essere tenuto fisicamente. Se tutto si svolge come previsto, l’attaccamento evolverà in una vicinanza emotiva, e infine, in un senso di intimità psichica. E’ molto difficile prendersi cura, e a volte persino insegnare, a bambini cui manca questo tipo di legame con gli adulti che ne sono responsabili. Solo una relazione di attaccamento può fornire il contesto appropriato alla crescita del bambino.

Il segreto dell’essere genitori non risiede tanto in ciò che un genitore fa, quanto in ciò che un genitore è per il proprio figlio. La ricerca di contatto e vicinanza da parte del bambino è proprio quella che ci consente di essere per lui una fonte di conforto, di essere una guida e un esempio, un maestro o un allenatore. Se l’attaccamento è vivo, saremo per lui una solida base dalla quale avventurarsi verso il mondo esterno, il rifugio nel quale battere in ritirata, una primigenia fonte di ispirazione. Tutte le abilità genitoriali di questo mondo non potranno compensare la mancanza di una relazione di attaccamento.

La relazione di attaccamento verso il genitore deve durare almeno per tutto il tempo che serve al bambino per crescere, ciò che è sempre più difficile nel mondo di oggi. (…)

Nella sfera psichica l’attaccamento è il cuore delle relazioni e del funzionamento sociale. In quella umana, l’attaccamento è ricerca e conservazione di prossimità, vicinanza, legame, sia dal punto di vista fisico, sia da quello comportamentale, emozionale e psicologico. Così come accade nel mondo materiale, esso è invisibile e tuttavia essenziale per la nostra esistenza; senza di esso, una famiglia non sarebbe una famiglia, e quando ne ignoriamo le leggi inesorabili, siamo già in cerca di guai. (…)

Perché oggi dobbiamo essere consapevoli dell’attaccamento? Perché viviamo in un mondo in cui non è più possibile darne per scontato il funzionamento. Gli aspetti economici e sociali e culturalidella società odierna non offrono più il contesto appropriato per la fioritura del naturale attaccamento dei bambini agli adulti che se ne prendono cura. (…)

I genitori non sono mutati, non sono meno competenti o meno devoti; anche la natura dei bambini non è affatto cambiata, non sono diventati meno dipendenti, né oppongono una maggiore resistenza: ciò che è mutato è la cultura nella quale cresciamo i nostri figli. L’attaccamento si genitori, infatti non riceve più il sostegno necessario della cultura e della società. Anche una relazione all’inizio forte e piena può essere minacciata quando i nostri figli entrano in contatto con un mondo che non è più in grado di apprezzare e rinforzare tale legame.

 

(tratto da: “I vostri figli hanno bisogno di voi – perché i genitori oggi contano più che mai” di Gordon Neufeld e Gabor Matè (edizioni “Il leone verde”)

Un caso di naso chiuso

Edoardo è un bambino di 9 anni che da sempre ha il naso chiuso, dal temperamento ribelle, con un tema di scarsa concentrazione a scuola, un po’ solitario e con difficoltà di socializzazione, (a volte manesco con i compagni di classe).

Durante il colloquio con la madre, ho saputo che temeva che il problema del naso di Edoardo dipendesse da una probabile allergia a qualche alimento o sostanza. Da quando Edoardo assume la camomilla spagirica e le essenze floreali Fringet Violet, Mountain Devil, Slender Rice Flower, Sundew, il comportamento di Edoardo è cambiato significativamente: non ha più il naso chiuso, a scuola è migliorata la capacità di concentrazione e con i compagni di classe ha cominciato ad instaurare un rapporto di amicizia. Inoltre chiede più spesso di uscire per andare al parco ad incontrare gli amici.

Successivamente alternando le essenze precedenti alla combinazione Concentration, si è notato che l’andamento scolastico di Edoardo è migliorato notevolmente.

Un caso di ipersensibilità

Questo è il caso di un bambino ipersensibile. Ha avuto un parto difficile (con la ventosa) e fin dalla nascita piange per niente. Ora ha 4 anni e mezzo e da quando ha iniziato la scuola materna è spesso in crisi. Suggerisco l’essenza Fringet Violet ed il rimedio spagyrico Uncaria. Dopo un paio di mesi la madre mi riferisce che ora il bambino ora è più tranquillo e gli episodi di crisi si sono ridotti notevolmente. Suggerisco di continuare ad assumere questi rimedi fino a quando il figlio sarà finalmente sereno.

Un caso di psoriasi

Lorenzo è il figlio di 6 anni della mia amica Loredana (infermiera e naturopata che collabora con l’associazione La Vie En Rose dal 2013. Colgo l’occasione per dire che da quando ci siamo conosciute il nostro scambio è continuo e di reciproco arricchimento).

Verso il quinto mese di gravidanza di Lorenzo, il medico segnalò alla madre la dilatazione del bacinetto renale di Lorenzo o pielectasia, considerata forse la malformazione benigna più comune. Ma a parte una breve fase di asma, curata da Loredana con rimedi naturali, Lorenzo è sempre stato bene fino ad un paio di mesi fa, quando si è manifestata la comparsa di psoriasi sui gomiti e sulle ginocchia di Lorenzo. Loredana mi ha chiesto di testare a distanza dei rimedi per Lorenzo. Ho proposto di preparare una crema a base di gel di aloe e calendula spagyrica contenente le seguenti essenze: Peach Flowered Tea Tree, Dagger Hakea, Fringet Violet, Star of Bethlehem, Rock Rose e Pine. Ho consigliato di somministrare le stesse essenze a Lorenzo per bocca.

Dopo neanche un mese Loredana mi ha detto che i progressi di Lorenzo erano visibili giorno dopo giorno e che ormai la psoriasi era completamente sparita dai gomiti e dalle ginocchia di Lorenzo.

Un caso di PFAPA (1)

Federico è il mio bimbo di 5 anni.

Quando aveva circa 2 anni inizia ad avere febbroni molto alti, fino a 40°, gola con placche purulente, linfonodi del collo ingrossati e afte in bocca. Così circa una volta al mese. Ogni volta il pediatra ci prescriveva l’antibiotico. Dopo il 4°/5° giorno la febbre spariva, di colpo. E prima di capire che l’antibiotico non era la cura giusta è passato parecchio tempo.

Ha iniziato a fare controlli, analisi del sangue, visite specialistiche dall’Otorino, fino a quando non abbiamo sentito parlare di P.F.A.P.A., ossia febbre periodica afta faringite e linfonodi. Una febbre periodica. Non si sa da dove arriva. Se ne andrà nel tempo. Unica cura CORTISONE.

Così all’inizio mi sembrava di aver la soluzione tra le mani, cortisone in unica dose. Febbre 40°, somministro cortisone dopo 6 ore la febbre sparisce, le placche anche e tutto il resto. Una magia. Il problema del cortisone, oltre ad essere dannoso perché ti uccide il tuo “esercito” di difesa, fa ravvicinare gli episodi in un modo disarmante. Federico ogni 15 giorni ha 40 di febbre. Non ne possiamo più. Pediatra, Otorino, tutti ci consigliano di togliere le tonsille. Li sento ancora: “Signora suo figlio deve togliere immediatamente le tonsille, dobbiamo ospedalizzarlo”.

Ma a me non tornavano i conti. Mi dicevo che tra il Cortisone e la Sala Operatoria ci doveva essere qualcos’altro. Così inizio ad informarmi su internet, omeopatia, cure alternative…. Vado da una dott.ssa di Sassuolo, che cura con l’omeopatia e la fitoterapia. Mi insegna a cambiare radicalmente le mie abitudini alimentari, cura Federico con l’omeopatia e mi fa conoscere Carla.

Carla ascolta la mia storia, e diventerà un grande punto di riferimento e soprattutto una grande fonte di ottimismo, positività e fiducia. Inizio la cura per Federico. E hanno fatto effetto. A me è sembrato di toccare il cielo con un dito. Non ho usato il cortisone, e la febbre a 40°, le placche…tutto sparito. Poi dopo un mese ancora. Stessa cosa. Torna la febbre, placche … Sono disperata, sempre al telefono con Carla che ha seguito ogni mio passo. Federico doveva “disintossicarsi” dal cortisone. E così, un passo alla volta. Tra una vittoria e una sconfitta è con orgoglio che dico: FEDERICO E’ DAL 15 AGOSTO 2010 che non ha più avuto episodi di PFAPA. E ora finalmente va all’asilo, in piscina, al parco, a casa di amici…e non ho più Cortisone in casa mia.

La mamma di Federico

Un caso di balbuzie

Nella primavera del 2005 io e la mia famiglia ci siamo trasferiti dalla casa di campagna dove abitavamo in Veneto a Montevecchia (Brianza), in un appartamento all’interno di un complesso condominiale. All’epoca mio figlio primogenito Bruno, dell’età di due anni e mezzo, parlava già molto bene, articolando correttamente le frasi con una notevole competenza per quell’età. Poco dopo il trasloco Bruno cominciò a balbettare, probabilmente a causa dello stress causato dal cambiamento di casa. Testai le essenze per lui (all’epoca utilizzavo solo i fiori di Bach) e l’esito del test fu: Star of Bethlehem, Walnut e Cherry Plum. Ma sentivo che avrei dovuto aggiungere altro. E dato che nella mia libreria avevo il libro “Essenze floreali australiane” di Ian White (che avevo acquistato tempo prima, ma che non avevo mai letto) testai anche le essenze floreali australiane e l’esito fu quello di aggiungere anche il fiore australiano Waratah. Fu la prima volta che usai un’essenza floreale australiana. Dopo circa 2 settimana di somministrazione Bruno ricominciò a parlare come prima. Da allora cominciai ad utilizzare le essenze per il trattamento di molti problemi sia emotivi che fisici dei bambini, sempre con grande successo!

“La balbuzie non è una malattia, ma un disturbo emotivo-psicologico. I bambini diventano balbuzienti per ragioni diverse: come lo stress, la timidezza o gli eventi traumatici (come nel caso di Bruno). I bambini balbuzienti vivono il rapporto con gli altri come giudizio e non come incontro. Il linguaggio viene così iper-valutato come unico mezzo di espressione e alla sua produzione viene attribuita la definizione di sé. E’ come se il balbuziente da una parte attribuisse alle parole un significato importante e dall’altra vivesse costantemente una sensazione di impotenza, di non riuscire ad esprimere a parole ciò che prova. ….

Bisogna cercare di mettere il bambino a proprio agio per far sì che l’ansia diminuisca. Quando il piccolo si esprime è bene non interromperlo mai, anche se non sempre si riesce a capire tutto ciò che dice. Le correzioni fanno sentire imbarazzato il bambino e ne fanno diminuire l’autostima. Allo stesso modo non bisogna rimproveralo per la balbuzie o per il fatto che non si sforzi di correggerla. Non bisogna mai finire la frase al posto del bambino la frase o la parola che non gli riesce di pronunciare. Significherebbe fargli presente la sua incapacità facendolo sentire sconfitto. E’ necessario ascoltarlo con calma, senza mostrarsi impazienti. La balbuzie scomparirà prima se il bambino verrà trattato come persona normale, senza affettazioni né compassione, ma solo con amore e pazienza.” (Cleopatra D’ambrosio, Capire i disagi dei bambini, edizioni Erickson)

 

Testimonianza scritta da Carla Fiori nel 2005

Bambini come fiori

I bambini sono fiori
da non mettere nel vaso:
crescon meglio stando fuori
con la luce in pieno naso.
Con il sole sulla fronte
e i capelli ventilati:
i bambini sono fiori
da far crescere nei prati.

Roberto Piumini 

Perchè bambini come fiori

Questo sito è dedicato a te mamma che hai a cuore la salute dei tuoi figli. E a tutti i professionisti della salute dei più piccoli. Molto spesso il genitore può curare e addirittura prevenire la malattia dei bambini, semplicemente sviluppando il giusto approccio alla cura e all’accudimento del bambino. Se così fosse, non dovremmo ricorrere così spesso ai medicinali, ma basterebbe qualche rimedio di prevenzione. Perché per il bambino la prevenzione della salute dovrebbe essere più importante della cura. Ci si preoccupa infatti di curare il bambino quando ormai è già ammalato, quando ha la tosse, il raffreddore, la febbre, le coliche, l’otite, ecc… Ci preoccupiamo molto e talvolta ricorriamo al pediatra, al pronto soccorso, agli antibiotici. E troppo spesso ricorriamo alla medicina chimica, senza considerare che, nella maggioranza dei casi, è possibile curare i bambini con rimedi naturali. Talvolta poi, proponiamo soluzioni chimiche ai problemi dei bambini che hanno un origine emotiva.

Devo ringraziare quello che i miei figli mi hanno insegnato, nella vita di ogni giorno. Loro sono sempre stati i miei maestri, nel senso che è grazie all’esperienza di madre che ho compreso che la salute dei miei figli dipendeva anche dal mio equilibrio emotivo. Successivamente ho cominciato a proporre i rimedi naturali per i bambini e le mamme, facendone poi una professione. Ciò mi ha permesso di comprendere che riuscire a garantire un approccio alla salute globale del bambino è uno dei presupposti fondamentali per la salute del futuro adulto. Quando ci prendiamo cura del rapporto originario con il bambino, quando usiamo i rimedi come le essenze floreali ed i rimedi spagyrici per smussare le disarmonie caratteriali del bambino e rinforzare il sistema immunitario, si fa una vera opera di prevenzione e quindi è possibile prevenire in modo radicale i problemi non solo della salute fisica, ma anche i futuri disturbi della personalità, del comportamento e dello sviluppo degli adolescenti e quindi anche dei futuri adulti.

Attualmente la vecchia concezione di malattia che si basava esclusivamente sul concetto di relazione causa – effetto è stata sostituita da una visione multifattoriale secondo cui l’evento malattia é la risultante dell’intrecciarsi di molti agenti fra loro : la genetica, l’ambiente, le relazioni sociali, lo stato immunitario, gli agenti infettivi, gli aspetti psicologici ecc. Per fare un esempio possiamo pensare alla sindrome influenzale: ci possiamo chiedere perché di fronte all’esposizione comune di più soggetti al virus non tutti sviluppano conseguentemente l’infezione. E’ evidente, pertanto, il ruolo di altre variabili nell’insorgenza della malattia. Oppure soffermandoci sulle malattie che insorgono dopo eventi stressanti o dolorosi come traumi, incidenti, degenze ospedaliere, lutti,cambiamenti, possiamo comprendere la non estraneità del mondo psichico.

La correlazione tra “corpo e psiche” su basi scientifiche si e’ andata affermando a partire dagli anni ’30 con gli studi del fisiologo H.Selye e via via fino ad oggi con ricerche sempre più sofisticate e dai risultati sempre più sorprendenti sull’interazione fra questi due mondi in cui si identificano precisi canali di connessione mente – corpo. Essi dimostrano che il corpo , durante gli stati emozionali, presenta consistenti modificazioni a carico dei visceri, dei vasi e di varie sostanze. Essi, infatti,  hanno correlati continui, intensi e talora imponenti nel funzionamento dell’organismo, seguendo una lunga catena di eventi da alcune aree del cervello quale il sistema limbico (parte filogeneticamente intermedia nello sviluppo dell’encefalo), la corteccia cerebrale (porzione più esterna dell’encefalo, filogeneticamente più recente ed ascrivibile ai neomammiferi), l’asse ipotalamo-ipofisario, il sistema neuro-vegetativo, il sistema endocrino ed il sistema immunitario.

Dal punto di vista neurofisiologico la somatizzazione avviene quando, in seguito alla negazione o alla repressione di uno stimolo emotivo per cui viene  meno la sua verbalizzazione, la via nervosa che viene maggiormente attivata é quella che dal sistema limbico prosegue verso l’asse ipotalamo-ipofisario e via via  verso il Sistema Nervoso Autonomo  Periferico, l’Endocrino e l’Immunitario. A loro volta i segnali viscerali stabiliscono un feedback con le vie nervose che vanno alla corteccia cerebrale dando luogo a quello che viene definito un “processo di apprendimento delle esperienze emozionali “ quindi la costruzione dei sentimenti. Si tratta dell’interpretazione cognitiva degli stati emozionali. L’elaborazione corticale delle informazioni concernenti stimoli a contenuto emozionale produce un’esperienza conscia delle emozioni (sentimenti) oltre che segnali che vengono inviati ai centri inferiori e che possono sopprimere o intensificare le manifestazioni somatiche legate alle emozioni. Le emozioni ed i sentimenti sono strettamente connessi con i comportamenti motivati, quali l’assunzione del cibo, l’assunzione dei liquidi, ecc. Pensiamo ad esempio a situazioni di anoressia o di bulimia : l’aspetto emotivo ritrova un preciso correlato neurofisiologico.

Diversamente, se il bambino invece di reprimere le emozioni le libera verbalizzandole, le vie nervose che vengono maggiormente attivate sono quelle dirette alla corteccia cerebrale. Pertanto, il flusso d’informazioni si allontana dalla scarica somatica periferica per liberarsi con la parola mediante la verbalizzazione dei contenuti emotivi. Infatti, l’asse ipotalamo – ipofisario si comporta come un vero e proprio “relee’” del funzionamentio endocrino ed a sua volta di comunicazione con vari organi ed apparati. Risulta ora chiara l’importanza della verbalizzazione dei contenuti emotivi, ossia dell’espressione attraverso le parole delle nostre emozioni per il mantenimento dello stato di salute e della guarigione. Nel caso dei bambini, talvolta manifestano delle difficoltà nell’esprimere le proprie emozioni, talvolta anche nel riconoscerle. Essi spesso non si riconoscono emotivamente e non riescono a dare voce al proprio mondo emotivo se non attraverso i disturbi somatici.

I nostri bambini sono fatti più di emozioni che di corpo fisico. A volte questo concentrato di emozioni sono difficili da gestire per un genitore: piangono, si arrabbiano, strillano come ossessi, desiderano continuativamente cose contrarie alla sopravvivenza, hanno molte paure, ecc. Molti genitori, di fronte alle emozioni dei loro figli, diventano schiavi, pur di evitare che piangano, si arrabbino o siano delusi. Come trovare il giusto equilibrio tra protezione e rispetto del diritto di fare le sue esperienze? Dobbiamo sempre sforzarci di proteggere i nostri figli e sostenerli nelle difficoltà? Oppure dobbiamo insegnare loro a tollerare le piccole e grandi frustrazioni della vita?

La malattia, il dolore ed il malessere però non sono di per sé fenomeni negativi nella vita del bambino, bensì sono da considerarsi come i segni precursori dell’incrinarsi dell’armonia in una parte dell’organismo. Quando somministriamo una medicina limitandoci a voler solo cancellare il dolore o a voler far scomparire i sintomi, senza cercarne la causa, il fattore responsabile dei disturbi, quel dolore può ripresentarsi dopo un certo tempo, in modo più ampio oppure sotto una diversa forma. Osservando i bambini, potremmo scoprire spesso che VI È UNA CORRELAZIONE fra sintomo e causa profonda. Questo è ciò che appreso dalle storie dei bambini che ho incontrato. E’ importante per i genitori leggere i sintomi come messaggi del corpo per comprendere cosa c’è dietro la malattia e aiutare il proprio bambino a guarire. Quindi, in questa ottica, non si può separare la malattia fisica, dal disagio psicologico. Sono da trattare insieme, perché come ho potuto riscontrare nella mia esperienza di utilizzo dei rimedi naturali, (come consulente in floriterapia e spagyria), è necessario curare la psiche ed il corpo insieme.

Sappiamo che si investono molti soldi ed energie per la ricerca scientifica e medica nella cura di malattie degenerative, tumori, ecc. Ma se queste risorse fossero messe a disposizione per fare prevenzione nella cura dei bambini, non solo otterremmo dei benefici per loro, ma si instaurebbero le basi per una corretta salute, che poi sarà il fondamento della salute dei futuri adulti.